"Il 4 novembre 1966, a Firenze il fiume Arno gonfio di acque scure e fangose, si riversò travolgendo ogni cosa sul suo cammino.
Quando le acque si calmarono, solo la distruzione avvolse la città".
Dante Alighieri una volta parlò dell’Arno come de "il fosso maledetto e sfortunato".
Lungo circa 240 km è il fiume più grande della Toscana e il disastro del 1966 non fu la prima volta che la sua piena provocò gravi danni in città.
Ci sono infatti diverse targhe commemorative sui muri di tutta Firenze che segnalano i livelli delle acque di altre alluvioni storiche, come quelle del 1177, del 1333, del 1557 e del 1740.
Tuttavia i fiorentini, e i toscani tutti, erano impreparati a quello che successe nell’alluvione del 1966.
Cronaca di un disastro
Dopo una giornata di piogge intense, combinate ad un suolo già saturo e con l’aggravante dello sviluppo urbano, l’Arno esondò a Firenze nelle prime ore del 4 novembre; in meno di 12 ore la città venne invasa da 80 milioni di metri cubi d'acqua: le acque travolsero le strade, i negozi, le case, i monumenti, le persone.
Quella sera stessa il livello cominciò a diminuire; tuttavia, la devastazione era sotto gli occhi di tutti. Oltre 30 morti in tutta l’area metropolitana, circa 20.000 persone rimaste senza casa e 10.000 abitazioni o locali distrutti.
I fiorentini, e non solo, erano senza elettricità, acqua potabile e le strade erano disseminate di corpi di animali, cibo in decomposizione e melma.
Acqua e fango si erano riversati nei musei e nelle chiese, devastando dipinti, sculture, manoscritti e altri manufatti insostituibili.
Presso la Biblioteca Nazionale, furono sommersi oltre 1 milione di volumi, così come numerosi ed importanti documenti presso l'Archivio di Stato.
Al Battistero di Firenze, le acque alluvionali fecero cadere i pannelli delle "Porte del Paradiso", le porte in bronzo dorato alte tre tonnellate progettate dallo scultore Lorenzo Ghiberti nel XV secolo e considerate un capolavoro del Rinascimento.
Alla Basilica di Santa Croce (chiesa e luogo di sepoltura di Michelangelo e Galileo, tra gli altri), un grande crocifisso ligneo realizzato nel XIII secolo da Cimabue perse gran parte della sua pittura originale nell'alluvione, diventandone suo malgrado un simbolo.
Gli angeli del fango
Dopo aver appreso dell'alluvione, arrivarono volontari da tutta Italia e da tutto il mondo per aiutare a ripulire i detriti e salvare il salvabile.
Gli angeli del fango erano ragazzi senza una formazione specifica; fra questi anche il regista Franco Zeffirelli, che all'epoca dell'alluvione stava lavorando all'adattamento cinematografico de “La bisbetica domata” (con Elizabeth Taylor e Richard Burton), tornò velocemente nella sua città natale per realizzare un documentario sulla catastrofe.
Secondo quanto riferito, il film guadagnò $ 20 milioni in aiuti per la città devastata.
I fiorentini
"Furono i radioamatori a dare l'allarme. Cuffie e microfono, ci pensarono loro a chiamare aiuto. A coordinare i soccorsi, almeno per le prime ore. A mettere in contatto i cittadini con i Vigili del fuoco. Per fare sapere a tutti, a Firenze e all'Italia, che la situazione era gravissima. Continuarono per oltre sessanta ore.”
La gente comune non si perse però d’animo nel tempo nel ripristinare le abitazioni e i negozi; come si legge spesso, il sarcasmo fiorentino, aveva resistito...anche all’alluvione.
Alcuni esempi.
Diverse trattorie malconce esposero cartelli con scritto «oggi specialità in umido» e negozi che non erano certo messi meglio, sempre tramite cartelli improvvisati, facevano sapere «ribassi incredibili, prezzi sott'acqua!» o «Vendiamo stoffe irrestringibili, già bagnate».
Esistono ancora dei rischi?
In molti potrebbero pensare che, essendo passati più di 50 anni, non ci siano più rischi per la città di Firenze e per le sue zone limitrofe. Purtroppo non è così, anzi è stato dichiarato che se l’Arno dovesse replicare un’alluvione come quella del 1966 oggi sarebbe anche più distruttiva.
fonti immagini: meteoweb, adnkronos, corriere, il post, paese sera, raiplay, toomuchtuscany