Potrebbe sembrare difficile da credersi ma nel corso del ‘500 anche una delle regioni più ricche e urbanizzate d’Europa, la Toscana, e un ducato tra i più importanti, quello di Firenze vissero il loro periodo di “caccia alle streghe“.
La storia riguarda una certa Gostanza, ormai celebre come “strega di San Miniato“. Questa donna, vissuta nella seconda metà del cinquecento, venne sottoposta infatti a inquisizione per stregoneria nel 1594.
Le ragioni che la portarono di fronte all’Inquisizione sono da ricercarsi nella situazione contraddittoria che la sua figura rivestiva all’epoca. Gostanza era conosciuta in paese come levatrice e guaritrice, facile dunque capire come tutti coloro che si dedicavano alla medicina popolare, detenendo il sapere, e quindi in grado di guarire o fare ammalare qualcuno, non fossero proprio visti di buon occhio.
Per la gente comune in particolar modo, i suoi poteri venivano attribuiti ad un patto con il demonio. Per sfortuna di Gostanza aveva le idee particolarmente chiare in tal senso l’inquisitore Mario Porcacchi, il quale riuscì a portare la donna davanti al tribunale sottoponendola anche a torture.
La storia fu a lieto fine, a salvare Gostanza, oltre al buon senso e alla crescente prudenza della Chiesa cattolica nei confronti della stregoneria, l’intervento dell’inquisitore Dionigi di Costacciaro, che riuscirà ad imporre all’intransigente collega di rimettere in libertà la donna perché «alla fine s’è veduto che cotesta povera vecchia tutto ha detto per tormenti e non è vero niente».